LA SCIARPA INNAMORATA

 

C’era una volta una sciarpa che voleva diventare un violino. Era una bella sciarpa rossa a grandi scacchi bianchi e blu e con una splendida frangia folta e lunghissima di cui lei andava molto fiera. Aveva girato quasi tutto il mondo: era la sciarpa di un famoso violinista che egli portava sempre con sé.

All’inizio fu molto contenta di viaggiare, una fortuna del tutto inaspettata per lei: sciarpa di umili origini e poverissima. I suoi genitori erano così poveri che un giorno furono costretti a venderla ad un lussuoso negozio di abbigliamento, per comprare qualcosa da mangiare ai fratellini più piccoli.

Nei primi tempi la poverina fu molto disorientata nella sua nuova casa, perché non era affatto abituata a tutto quel lusso e sentiva molta nostalgia dei piccoli amati fratellini; ma poi a malincuore si rassegnò.

Almeno lì non soffriva la fame e in fondo tutti la trattavano molto bene. Le giovani commesse le insegnarono come prendersi cura della sua bella frangia, come utilizzare al meglio il dolce tepore della soffice lana e come tenere sempre vivi e smaglianti i colori.

Inoltre lì ebbe l’opportunità di incontrare maglioni molto raffinati che avrebbero vestito gente molto importante, colti cappelli destinati a severi intellettuali che le svelarono i segreti e le bellezze del mondo, calze pregiate dai tenui colori che avrebbero calcato i palcoscenici più prestigiosi, guanti in morbidissima pelle che avrebbero conosciuto le mani di bravi chirurghi, eccellenti scrittori e onesti politici; caldi foulard che avrebbero protetto le preziose ugole di celebri cantanti e splendide sciarpe di seta tessute da abili mani per ornare il delicato collo di distinte e aristocratiche signore.

Così per lei fu proprio una fortuna trovarsi in quel raffinato negozio all’angolo della strada più elegante della città quando, in un gelido pomeriggio invernale, un famoso violinista entrò a comprare un paio di guanti ed un cappello.

Dall’alto dello scaffale in cui riposava, lo guardava un po’ annoiata mentre acquistava i guanti in pelle rossa e il cappello blu a larga falda; ma fu orgogliosissima quando il violinista, convinto dalla commessa che gli ricordava quanto fosse importante una calda sciarpa per evitare fastidiosi raffreddori e insidiose bronchiti… la scelse: proprio lei, tra le tante.

E così il sogno di conoscere quel mondo di cui i colti cappelli tanto avevano disquisito, si era finalmente realizzato. Da allora aveva viaggiato parecchio, conosciuto le bellezze della terra ma anche le sue miserie e aveva incontrato tante altre sciarpe che l’avevano introdotta nel bel mondo e con molte di esse si era scambiata gli indirizzi e aveva intrattenuto buoni rapporti.

Ma adesso era stanca. Sì, era proprio stufa! Malgrado tutti gli sforzi per compiacere il suo adorato padrone, il violinista la maltrattava di continuo. La gettava dappertutto, la scaraventava per terra, non si curava affatto di lei; anzi, la dimenticava a casa di amici, nei ristoranti, nei teatri, perfino negli alberghi.

E così spesso si ritrovava completamente sola alla mercé di sconosciuti che si prendevano gioco di lei, che la impaurivano e che a volte tentavano di rapirla per portarla in paesi lontani. Insomma, era proprio una vita d’inferno!

E tutto questo perché egli viveva per il suo violino, che curava, vezzeggiava, carezzava, che amava di vero amore. Gli parlava anche: con voce suadente, con dolcezza, implorante a volte; mentre a lei non aveva mai rivolto la parola.

Semplicemente si dimenticava di lei, della sua esistenza: di lei che lo aveva sempre amato e ammirato e che lo scaldava con il suo corpo, avvolgendoglisi al delicato collo per proteggerlo dal freddo e dalle intemperie; di lei che si prendeva amorosamente cura della sua salute e che per preservarlo dalle malattie si offriva coraggiosa e sprezzante delle offese del vento e del gelo a rischio della sua stessa vita.

Perciò, stanca di essere oltraggiata e decisa a conquistare il suo affetto; si adoperò per diventare un violino. Voleva diventare un bellissimo e armonioso violino per vivere finalmente felice accanto a lui.

Ma l’impresa si rivelò piuttosto difficile: si esercitava con costanza e impegno tutti i giorni ma proprio non ce la faceva a diventare rigida e legnosa.

Cominciò ad annodare con pazienza la sua bella frangia per fare le corde; ma queste si scioglievano subito, appena tentava di accordarle. Per non parlare dell’orribile suono che emettevano!

Cominciò a mangiare segatura a pranzo e truciolato a cena ma riuscì solo ad ingrassare; cosicché tutte le volte che il violinista la gettava a terra, cadeva pesantemente e si faceva molto male. Era piena di lividi e il suo bel colore rosso era ora imbruttito da grosse chiazze nere. Prese anche lezioni di canto ma ben presto scoprì di non avere alcuna inclinazione musicale.

Un giorno mentre piangeva disperata, il violino svegliato dai singhiozzi le chiese che cosa avesse. Lei, affranta dal dolore, gli aprì il cuore e gli raccontò la sua triste storia.

Il dolce violino scoppiò in una fragorosa risata, non appena lei ebbe finito di raccontare. La sciarpa si sentì profondamente umiliata dal rivale e stava già allontanandosi offesa; quando il violino la pregò di fermarsi ad ascoltare attentamente quello che aveva da dirle.

Quale meraviglia quando il violino le confessò che lui si era stancato di fare il violino, perché il padrone lo maltrattava: lo pizzicava sempre violentemente facendogli molto male e lo faceva lavorare moltissimo concedendogli pochissimo riposo.

E poi si lamentava perché i suoni non erano limpidi e cristallini come lui avrebbe voluto; per forza: «Sono così stanco che a malapena riesco a stare sveglio!», replicava il poveretto. Le corde a forza di essere pizzicate gli dolevano moltissimo; ma il violinista non lo ascoltava affatto quando gli faceva presente che così rischiava un’artrite e che i reumatismi si sarebbero presto fatti sentire.

Il medico gli aveva raccomandato una bella vacanza al mare; ma il violinista non lo lasciava partire. Inoltre il tiranno gli impediva di stringere amicizia con altri violini perché era molto geloso. Anche per lui la vita era diventata un inferno, e il suo sogno era quello di diventare una sciarpa, «Perché le sciarpe sì che se la spassano! Almeno voi non lavorate e avete un sacco di tempo libero»; concluse infine.

La sciarpa fu alquanto sorpresa da quella inattesa rivelazione. Si sentiva confusa, frastornata, commossa e coinvolta dalla infelice condizione del violino; ma in fondo un po’ rincuorata. Capì che la sorte del violino era di gran lunga più difficile e dolorosa della sua e cercò di aiutarlo in tutti i modi.

Consultarono un famoso sindacalista che però disse loro che non c’era alcun modo di liberarsi del violinista; perché il malinconico violino era vincolato da ferreo e indissolubile contratto, parere che fu confermato da un celebre penalista.

Chiesero al medico di famiglia di intercedere con il violinista, pregandolo di concedere allo strumento almeno tre settimane di riposo; ma questi non volle sentire ragioni, affermando che la stagione concertistica era ben lungi dall’essere terminata.

Cercarono anche di far leva sul buon cuore della dolce mamma del violinista; ma ahimè, anche questo non sortì alcun effetto. Sembrava davvero che l’unico modo per uscire dalla vita del violinista, fosse proprio quello di diventare una sciarpa.

La sciarpa, che nel frattempo aveva iniziato ad amare segretamente il violino sedotta dalla sua infinita dolcezza, consultò allora una celebre chiromante, molto nota nell’ambiente delle sciarpe più alla moda per aver risolto con la sua magia casi d’amore davvero disperati.

Con forte disappunto della chiromante che pensò subito di guadagnare grandi somme di denaro con la sciarpa di un famoso violinista, la poverina non possedeva neppure un centesimo; perché il suo padrone oltre ad essere un ingrato era anche infinitamente tirchio.

Allora pregando, implorando, supplicando; l’infelice riuscì a far breccia nell’arido cuore della chiromante: barattando il tepore della sua soffice lana e la bellissima frangia.

«Ogni chiromante che si rispetti, ha sicuramente bisogno di un bello scialle per accogliere i clienti di riguardo»; affermò solenne.

Così la sciarpa ebbe tra le mani un filtro potentissimo: garantito e sicuro, come etichetta certificava, niente meno che dalla benemerita Associazione Maghi ed Affini.

La chiromante le spiegò cosa doveva fare esattamente: «Il violino dovrà esporsi al sole cocente per tre giorni di seguito, senza mangiare assolutamente nulla. Se, come è naturale, avrà sete, dovrà bere solo tazze bollenti dell’infallibile filtro che ti ho dato; così finalmente si scioglierà fino a diventare piatto piatto e morbido morbido».

Infine si raccomandò di seguire le istruzioni alla lettera, fino all’ultima sillaba, perché anche un solo fallimento le avrebbe rovinato per sempre la reputazione; e lei, povera anima al servizio degli infelici, non poteva affatto permetterselo.

E così fecero la sciarpa e il violino, approfittando di una breve assenza del musicista.

Certo il violino soffrì molto disteso al sole: la fame gli faceva torcere le corde e tutto quel filtro bollente lo costringeva a veloci fughe nel bagno di casa; ma sopportava senza lamentarsi per conquistare il cuore della sciarpa che aveva imparato ad amare.

Povero violino: non riusciva neppure a dormire perché continuava a sciogliersi ininterrottamente. Se si addormentava, rischiava di affogare nella sua stessa acqua!

Comunque sia, dopo grandi patimenti, infiniti scoramenti e soprattutto pericolosi ripensamenti; alla fine del terzo giorno aveva acquistato una magnifica linea e il suo vecchio colore aveva assunto delle belle striature gialle, forse per via del sole.

Infine la sua amica gli sfilacciò le corde una ad una e le fermò con le chiavi di violino che non ne volevano proprio sapere di lasciarsi sciogliere.

Non c’era proprio nulla da dire: la nuova sciarpa aveva sì un aspetto elegante; ma era decisamente originale.

Quando il violinista tornò a casa, non trovò ad attenderlo né la sciarpa e tantomeno il violino.

I due gli avevano lasciato un biglietto ringraziandolo di tutti gli anni trascorsi insieme; ma aggiungevano che adesso volevano finalmente vivere la loro vita tranquilli e felici, senza alcun tipo di costrizione.

Ecco perché partivano per un esotico paese dei caldi mari del Sud, dove si sarebbero riposati dalla faticosissima impresa degli ultimi giorni.

Ora la sciarpa innamorata non avrebbe più sofferto il freddo, ormai priva del dolce tepore della sua soffice lana che per amore aveva donato al suo violino.

Mai maltrattare le sciarpe: sembra che siano terribilmente vendicative.

 

 

Fiaba di Efisia Mattana

contenuta nel programma radiofonico Mogio Beluga racconta di Claudio Quinzani, andato in onda presso un’emittente trentina nel biennio 1995 – 1996.

illustrazione di Omar Fisicaro

 

 

 

 


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