IL BRUCO E LA FARFALLA

 

Jody è un timido bruco dalle zampette fragili e il corpicino fiacco. Benché molto giovane, Jody ha camminato già tanto; e parecchie sono state le sue tristi giornate di pioggia: quando manca tutto, anche solo uno spicchio di sole per riposarsi un po’.

Jeremy è una farfalla bellissima, sgargiante e piena di vita, variopinta: di colori mai visti. Sa già librarsi di fiore in fiore con notevole grazia e abilità; contento d’essere farfalla, di riuscire a trasformarsi in mille forme dalle sfumature diverse, giocandosi il suo volo con fiori incredibili e dolcissimi.

Jody continua il suo lento peregrinare, corto bruco dai pochi peli, perennemente strisciante; assai lontano da nuvole e corolle. Si muove pigro tra verdi gambi, foglie secche e verzure colme d’ombra. Zolle verdastre, rami rudi e bitorzoluti, lisci e scivolosi; nient’altro che stecchi acidi e squamosi.

Solo, appartato, in un’oscurità tutta sua: poco abituato a stare con qualcuno; gira per lunghe ore intorno alle medesime cose, percorrendo pochi metri praticamente nello stesso posto.

Per Jeremy arrivi e partenze coincidono sempre, ma il cerchio è davvero ad ampio raggio! Miglia e miglia in direzioni infinite, ma anche lui solo e stanco.

Un giorno la farfalla scorge il bruco da lontano, ed è come se lo conoscesse da sempre. Un atavico richiamo sembra attrarlo: Jeremy vorrebbe raccontare a Jody di tutta la strada fatta finora, dei fiori visti, dei colori mangiati… Ma come potrebbe piombargli addosso senza rischiare d’essere frainteso: lui dall’alto dei suoi colori, l’altro sempre nel verde più basso ed umido.

Jeremy decide, fa qualcosa che nessuno del suo mondo avrebbe anche solo potuto pensare per un attimo: raccoglie tutte le forze, chiude le ali bellissime intorno al corpetto minuto; e con le pochissime ed esili energie ancora addosso, fa leva sulle sue zampette e si arrotola veloce su se stesso vorticoso e frenetico; fino a formare un bianco bozzolo, poi una pupa, infine un bruco.

Jeremy sconfigge il tempo: riesce a tornare indietro; torna finalmente ad essere bruco, con l’emozione conquistata di una farfalla.

Travestito a quel modo: trasformato dall’interno, percorre metri e metri in ogni direzione, fino a sembrare vero, fino a sentirsi bruco per davvero; come da tempo aveva scordato d’essere stato un giorno. Bruco con lentezza, bruco con la paura del grande giorno, bruco con le sue foglie e i suoi gambi; bruco e basta.

Jeremy striscia a lungo nel fitto dell’ombra; finché un giorno quasi per caso, da bruco incontra Jody. Improvvisamente timido e titubante, prova ad avvicinarlo. Jeremy non è più volo e colori, altezze incredibili e piroette fantastiche; ora è a terra, completamente a terra: con il coraggio dei timidi, la voglia di conoscere dei semplici.

Tutto avviene in modi e tempi assolutamente normali e quotidiani: si salutano, si parlano, si conoscono meglio, ridono molto.

Jeremy si perde ad ammirare i movimenti ribelli e repentini di Jody, i suoi piccoli mutamenti; la prontezza al sorriso e alla schermaglia quando il compagno bofonchia di saggezza o inciampa in una foglia.

Jeremy narra le sue giornate, racconta le sue storie di volo. A Jody sembrano quasi i racconti di un vecchio, le leggende di una cicala; mentre camminano insieme lungo le stesse foglie e si lasciano dietro due lunghe scie, una argentea e l’altra iridata.

Quante volte Jeremy vorrebbe raccontargli dei suoi giorni di farfalla, dei voli, dei colori, delle nuvole, spiegandogli che parla davvero di se stesso; ma se cedesse alla voglia di raccontarsi fino in fondo? Se Jody sapesse per davvero?

Il timore di non essere capito è sempre gigantesco. Jeremy ha una gran paura che tutto possa finire, che l’incantesimo svanisca presto in una bolla d’aria. Jody ne rimarrebbe senz’altro deluso e si ritirerebbe in una sorta di silenzio ermetico. Come potrebbe capire?

Quante volte Jeremy vorrebbe tradirsi in due parole! Spesso Jody non riesce a collegare tutto l’universo azzurro del suo compagno con il verde delle foglie quotidiane; ma è felice così: contento che con Jeremy le abitudini siano cose dell’altro mondo, perché con lui tutto rimbomba di sogno e fantasia.

Allora chiude molto semplicemente gli occhi senza farsi troppe domande, senza tanti perché e soprattutto senza chiedersi mai che sarà domani.

Ma quel domani, come accade spesso, è presto oggi: un giorno triste. Cambia qualcosa in Jody, avviene tanto in fretta; qualcosa di autentico e bello, ma terribile e crudele allo stesso tempo, soprattutto per Jeremy.

Jody avverte una sensazione strana; ma come capita per ogni cosa nuova, non riesce a riconoscerla e si chiude. Si chiude e si richiude tante volte e comincia a girare vorticoso intorno a se stesso.

«Cosa mi succede? Che mi sta succedendo?», ha appena il tempo di pensare; poi all’improvviso capisce: «Jeremy, Jè! Guardami Jè. Sta accadendo proprio adesso, proprio come tu mi avevi dettooo…».

D’un tratto il silenzio, poi Jody diventa pupa, crisalide. Infine si trasforma in quel nome tanto dolce e buffo: quel nuovo nome azzurro e giallo, nero, viola; quel nome che per tante notti di pioggia quasi aveva paura di pronunciare, quel nome che mille volte avrebbe voluto diventare.

Jody è una farfalla, una farfalla vera, e che farfalla! Sgargiante, sfavillante, super coloratissima.

Nello spazio di un giorno Jody incontra un’altra farfalla là in alto: lontano dalle foglie, distante dai gambi, dal bosco. Una farfalla nera, blu cobalto, verde mare e azzurro oceano.

Si sfiorano, si abbracciano e si allontanano perfetti uno sull’altra, come una farfalla sola in una danza vertiginosa.

Un’unica farfalla in un solo fiore.

 

Jè, il vecchio caro Jè guarda estasiato quello spettacolo fantastico e variopinto sopra il bosco; al di là di tutto il suo mondo in un altro mondo che un tempo era anche il suo.

Allora piange, piange a lungo. Gli occhi luccicanti, non so se per rabbia o rassegnazione; forse per affetto, per gioia. Vorrebbe correre forte per nascondersi, vorrebbe tanto fuggire via lontano; ma non ci riesce.

«Voglio sprofondare, annullarmi e sparire! Perché? Perché è andata così?», continua a gridare come una lumaca che si è girata con la casa sottosopra.

Jeremy prova con tutte le sue forze a tornare farfalla.

«Devo farcela un’ultima volta, come la prima. So come si fa, dài!»; continua a ripetersi.

Ma a che servirebbe ormai? Chi c’è sopra i fiori, a cavallo delle nubi? Che senso ha, se Jody è sparito, confuso per sempre nel suo nero cobalto.

Jeremy striscia a lungo senza meta, trascinando il suo corpo stanco lungo il fogliame. Dopo molte ore giunge nei pressi di un’enorme pozza d’acqua e il suo desiderio più grande è solo quello di lasciarsi scivolare dentro.

Racchiude a sé le sue zampe, si arrotola fino a diventare piccolo piccolo e per un attimo gli sembra di tornare farfalla; ma ben altro è il volo e lento cade nell’acqua, più giù, sempre più in fondo.

Stanco, stremato, scioglie in un flutto tutti i suoi colori che si trasformano piano in strisce iridate. Da quella pozza d’acqua si leva muto e sgargiante un immenso arco in controluce.

Si può scorgere spesso dopo una nuvola di pioggia, nelle belle serate estive, nei colori incredibili dell’autunno; Jeremy sfoggia il suo manto su ogni cosa: sfiora il bosco, le colline, le montagne ed il cielo.

Un grandioso fantastico arcobaleno su cui si posano ancora tante farfalle dai mille colori.

 

 

scritta e ideata da Claudio Quinzani

illustrazione di Cristina Palumbo

 


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