GRANDE E PICCOLO

 

Un omino di gomma piccolo piccolo abita nella casa di un bambino. In un cassetto della scrivania sì è costruito la sua villa al mare con un pennarello blu e un foglio di carta.

Un giorno l’omino si stanca di stare lì dentro tutto solo e decide di respirare un po’ d’aria diversa. Si fa forza con le braccia, spinge in avanti il cassetto e salta giù.

«Gomma mamma mia, che mondo che c’è qui: che mobili alti, che tavolone; ma io lì non potrei mai mangiare!»; prova a salire sopra una sedia ma dopo appena due centimetri casca giù. Riprova, e di nuovo sul pavimento.

Passa un po’ di tempo e l’omino è dispiaciuto di aver lasciato la sua bella villa al mare, che il bambino ha chiuso a chiave nel cassetto un brutto giorno quando non l’ha più trovato.

«Ah, se potessi essere anch’io come le persone grandi!», si dispera l’omino: «Quante cose potrei fare che adesso non posso neppure pensare; vivo sempre con la paura che qualcuno mi pesti».

E finalmente, cammina cammina per le stanze, trova una nuova casa tutta sua: si tratta di tre buchi in fila uno sopra l’altro.

«Che meraviglia! Qui il salotto, lì la camera da letto, là…»; sta già per infilarsi in uno di quelli, quando un vocione grosso grosso lo rimprovera alle sue spalle: «Attento, quella è la presa della corrente! Via, scappa scappa».

L’omino fa un salto di paura e cade a capofitto sul pavimento; menomale che è di gomma e non si è fatto niente. Guarda in alto e si ritrova davanti un omone immenso: un vero gigante che lo guarda da lassù.

«Gommina mammina mia, chi sei tu?».

«Non aver paura, non voglio farti del male», lo rassicura quell’enormità. «Io non ho nome o forse me lo sono dimenticato, perché nessuno mi chiama più da ormai troppo tempo. So solo che sono grande, troppo grande; e vivo qui da dieci anni in quell’armadio. Potessi essere piccolo come te!».

«Come, potessi essere piccolo come te? Io vi ho costruiti con tanta cura, e adesso voi vi lamentate!»; esclama il bambino appena tornato da scuola che ha fatto in tempo a sentire solo l’ultima frase.

«Sì d’accordo, ci hai costruiti con tanta cura; ma mi hai fatto troppo grande», «e me troppo piccolo!»; conclude l’omino.

Il bambino, che ha solo questi due compagni di giochi, decide di accontentarli. Si mette al lavoro e impasta, spasta, sposta e metti; il piccolo lo fa diventare grande e il grande piccolo.

«Oh, adesso sì che va meglio davvero!»; si guardano soddisfatti i due.

Ma passa qualche giorno, e sono già pieni di botte in testa e dita ammaccate. Sì, perché l’omino, che adesso è omone, sbatte sempre contro gli stipiti delle porte, le gambe del tavolo; è così grande da non riuscire ad entrare neppure nel vecchio armadio.

Mentre l’omone, che adesso è omino, passa sempre vicino al grande che senza neanche rendersi conto gli pesta ora un piede, ora una mano! È così piccolo che quando mangia, solo per prendere il cucchiaio dal cassetto: per fare tutta quella strada, ci mette più di un’ora.

Torna che la minestra è ormai fredda, la riscalda sui fornelli e dimentica il cucchiaio sul tavolo… E il bambino aggiusta, incolla, taglia, togli, rimetti; «Insomma, non vi sopporto più! Adesso basta, mi sono stufato, arrangiatevi».

Ma cosa possono inventarsi adesso quei due rimasti soli? Il bambino è proprio sparito!

Pensa che ti ripensa: un giorno, due giorni, una settimana; il grande prende martello, chiodi, legno, segaccio, tenaglie; e si mette al lavoro.

Senza aspettare un attimo in più, il piccolo prende una minuscola matita, alcuni fogli di carta, pennarelli, colori a cera, acquarelli; e via di corsa.

Progetta e lavora, correggi e reinventa ancora; dopo neanche tre giorni il grande ha costruito cose grandi e grosse: tante case per ospitare grandi come lui. Il piccolo, cosine piccole: «Per quelli piccoli come me!».

Il bambino torna presto attirato da tutto quel gran daffare pieno di suoni e rumori; e imbastisce nuove marionette, burattini e pupazzi multicolori, grandi e piccoli.

Che sia proprio così che è nato il mondo dei giocattoli; o magari il magico teatrino per baracca e burattini?!

 

 

scritta e ideata da Claudio Quinzani

illustrazione di Eva Escoms Estarlich

 

 


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